Sistema marittimo italiano: più sviluppo infrastrutture e logistica
Il sistema marittimo italiano è al centro delle riflessioni di questi giorni per via della Riforma dei porti di prossima discussione al Consiglio dei Ministri e delle continue emergenze da affrontare nel canale di Sicilia. Sull’argomento si è concentrato anche il convegno dal titolo “Geopolitica ed economia del mare”, organizzato il 25 maggio a Milano dal CERTeT – MEMIT, dall’Università Bocconi e dallo Stato Maggiore della Marina, in cui l’ampia questione è stata affrontata a partire dal quadro economico-industriale nazionale.
“Per mantenere una posizione industriale di avanguardia – ha spiegato Paolo d’Amico, presidente della Federazione del Mare – è sempre più necessario un adeguato sviluppo delle infrastrutture e della logistica, in modo da assicurare trasporti celeri, efficaci ed economici tra le aree produttive nazionali od europee e quella grande porta sul mondo che è il mare”.”Ciò deve essere fatto – ha aggiunto – con velocità, per cogliere quei segnali positivi che vi sono, come l’interesse all’integrazione di Europa e Mediterraneo. Sono infatti le navi e i porti che danno sostanza allo sviluppo e all’interscambio che lega i paesi del Mediterraneo: solo i trasporti marittimi di linea che legano l’Italia ad altri Paesi del bacino (le cosiddette “autostrade del mare” internazionali), tra arrivi e partenze, in un anno sono saliti a 130 a settimana (+ 20%), che si aggiungono ai 260 esistenti tra i porti del paese”.
Punto nodale della questione è la necessità che oltre ad essere destinazione preferita del turismo internazionale, l’Italia mantenga e rafforzi anche il ruolo di “grande centro di manifattura e di esportazione: un ruolo che l’Italia si è guadagnato con l’abilità, la dedizione, e il coraggio della nostra gente e che sarebbe davvero un peccato perdere”, ha detto ancora d’Amico.
Nel quadro attuale, il cluster marittimo italiano produce ogni anno beni e servizi per 40 miliardi di euro, pari al 2,6% del prodotto interno lordo nazionale, dando lavoro a circa 500mila addetti complessivi, di cui 215mila direttamente. Fulcro dell’economia marittima è nella navigazione mercantile che, con l’insieme delle attività ad essa collegata, offre occupazione a 86mila addetti (più altri 160mila dell’indotto), per una produzione annua totale superiore a 22 miliardi di euro.
Al di là degli aspetti meramente economici del sistema, emerge poi l’impegno inconfutabile delle navi mercantili nel soccorso dei migranti nelle acque del Mediterraneo: nel 2014 sono state soccorse in mare oltre 170mila persone, di cui oltre la metà nell’ambito della specifica missione della Marina Militare italiana, senza contare le attività di ricerca e soccorso di quasi 882 navi. In questo quadro, e alla luce dei cambiamenti che hanno interessato lo shipping negli ultimi anni, Paolo d’Amico ha ribadito l’esigenza di un efficace coordinamento amministrativo in materia marittima. “L’auspicio è che una catena di comando ben funzionante si faccia carico dei problemi e porti la soluzione individuata dal referente politico alla sua attuazione legislativa e amministrativa in tempi conformi agli standard internazionali, caratteristici del mondo marittimo”.