Controllo a distanza dei lavoratori: le registrazioni possono essere utilizzate in caso di episodi sospetti
Una recente pronuncia del Tribunale di Roma ha messo nuovamento in primo piano il tema del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori: è stato infatti respinto il ricorso di un lavoratore che aveva impugnato il licenziamento lamentando anche la violazione di un articolo dello Statuto dei lavoratori.
La fattispecie esaminata dal Tribunale di Roma è di particolare interesse perché si tratta della impugnazione del licenziamento intimato ad un autista alle dipendenze di una impresa di trasporto di prodotti petroliferi a cui era stata contestata la sottrazione dalla cisterna di carburanti in occasione di soste non programmate e il mancato svuotamento della cisterna.
Il datore di lavoro aveva tratto le informazioni sulla base delle rilevazioni eseguite dal sistema di controllo satellitare idoneo al tracciamento della posizione dei mezzi ed alla misurazione delle quantità scaricate, la cui installazione sulle cisterne adibite al trasporto di carburanti è prevista da una specifica disposizione di legge con finalità antifrode.
Il Tribunale di Roma, sezione lavoro, ha preliminarmente distinto tra “controllo a distanza” in tempo reale della attività lavorativa (certamente vietato se la macchina viene installata a tale fine) e utilizzo ex post dei dati immagazzinati dall’impianto che possano rivelare la commissione di un illecito.
Il Giudice del Lavoro osserva che quando come nella fattispecie l’installazione della macchina sia imposta dalla legge non è necessaria l’autorizzazione sindacale o amministrativa. Ciò nonostante, nella fattispecie, l’installazione del satellitare era stata preceduta da un accordo sindacale nel quale si dava atto delle finalità legittime e della circostanza che l’apparecchio non avesse di per sé finalità di controllo, essendo installato ai fini di legge (antifrode).
Tale circostanza, si legge nella sentenza, “non è d’ostacolo a che le informazioni rimaste immagazzinate nella macchina possano poi essere utilizzate ai fini disciplinari nel rispetto di tutte le altre prescrizioni”, che consistono negli obblighi datoriali di informazione e di tutela della normativa sulla Privacy. “In sostanza – prosegue il Tribunale di Roma – il rinvio alla disciplina sulla privacy comporta essenzialmente nel settore che i controlli debbono essere trasparenti, mirati, temporalmente limitati, retti da finalità legittima e non avere carattere esplorativo”.
Ciò significa in estrema sintesi che il controllo non deve essere eseguito in modo indiscriminato ed esplorativo sul comportamento dei lavoratori in servizio, ma per valutare a ragion veduta episodi sospetti. Nella fattispecie, il controllo sulle registrazioni del satellitare era stato eseguito a seguito di eventi di allarme e segnatamente delle numerose deviazioni dal percorso stabilito, dell’apertura delle valvole di scarico dei carburanti al di fuori delle aree dei distributori.
Dall’istruttoria svolta era risultato che “la società non fece che analizzare i dati sul percorso, sulle soste, sui dati di carico e scarico ed altro di quella medesima settimana, per verificare prima di tutto la tutela dei diritti e del patrimonio della sua committente (e solo derivatamente dei propri, chiamata a risponderne), e solo secondariamente a fini disciplinari, se le anomalie riscontrate fossero fisiologiche o dessero evidenza di trafugamenti”. Le informazioni raccolte dalle quali derivi la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori possono essere utilizzate purché venga soddisfatto il presupposto del contemperamento del potere di controllo con la dignità e la riservatezza del lavoratore.
Si legge infatti in motivazione: “I lavoratori oggi possono essere controllati anche a distanza (e ad avviso del giudicante non solo per finalità “difensive”), e le informazioni raccolte possono essere anche utilizzate ai fini disciplinari, sebbene ad una serie di rigorose condizioni, volte a realizzare il necessario bilanciamento tra il legittimo interesse datoriale al controllo, e la preservazione del diritto/interesse del prestatore alla riservatezza ed alla dignità personale.
Queste condizioni sono in sostanza quattro: a) la macchina deve essere stata installata e dev’essere impiegata solo per le finalità specifiche previste dalla legge (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro aziendale, tutela del patrimonio aziendale); b) l’installazione della macchina deve essere stata autorizzata dagli organismi sindacali a ciò legittimati dalla legge o, in mancanza di accordo, dall’organo amministrativo a ciò legittimato dalla legge; c) il lavoratore dev’essere stato previamente informato in modo adeguato sulle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli; d) il controllo dev’essere esperito nel rispetto del Codice della privacy.
L’apparente contraddizione tra il fatto che il comma 1 imponga l’impiego della macchina per finalità specifiche, ed il comma 3 consenta, nei limiti e nella sussistenza delle condizioni previste dalla legge, l’utilizzabilità dell’informazione “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” appare superabile se si tiene presente la distinzione, che l’uso diverso dei termini impone, ed a torto da molti trascurata, tra installazione ed impiego, e tra impiego (in tempo reale) ed utilizzo “ex post” dell’informazione che la macchina abbia registrato.
Il senso della distinzione è reso particolarmente palese dal caso in esame, nel quale viene in considerazione un sistema di controllo satellitare idoneo e destinato al tracciamento della posizione dei mezzi ed alla misurazione delle qualità scaricate, la cui installazione sui veicoli adibiti al trasporto di prodotti petroliferi, peraltro, è imposta dalla stessa legge, per evidenti finalità di prevenzione di frodi sulle accise.
Di per sé la macchina non è finalizzata al controllo dell’operato del lavoratore e non viene (non deve essere) impiegata a tal fine (in tempo reale), perché spiare un lavoratore a distanza mentre lavora è ritenuto invasivo ed umiliante, ma le informazioni che essa immagazzina possono rivelare “ex post” la commissione di un illecito.
Nel caso, ricorrente nella specie, in cui l’installazione della macchina sia imposta dalla legge, le condizioni di installazione (finalità specifica, autorizzazione sindacale o amministrativa) non possono ritenersi richieste”.