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Convegno nazionale Asstra: investire nel TPL, scenari e fabbisogni
AUTOBUS

Convegno nazionale Asstra: investire nel TPL, scenari e fabbisogni

Redazione T-I
14 Febbraio 2019
  • asstra
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A due anni dalla presentazione del Rapporto “Investire nel trasporto pubblico”, ASSTRA in collaborazione con Cassa Depositi e Prestiti presenta un aggiornamento del lavoro al fine di verificare lo stato dell’arte dei fabbisogni, la dimensione delle risorse assegnate al settore e gli scenari evolutivi attesi.
Lo studio fotografa lo stato dell’arte del trasporto pubblico che emerge come un settore in evoluzione, impegnato a contribuire all’abbattimento delle emissioni connesse al traffico urbano, ma che tuttavia ancora opera con una flotta con età media elevata, con conseguenze sui livelli di emissioni dei mezzi.

L’età media del parco autobus nazionale nel 2018 è di 12,3 anni (nel 2017 il picco massimo dell’ultimo decennio con 12,4 anni), ampiamente al di sopra della media europea, pari a circa 7 anni. Una buona parte della flotta autobus risulta ancora appartenente alle categorie pre-Euro 3 (21% in ambito urbano e 30% in ambito extraurbano), ma al tempo stesso – nota positiva – cresce l’incidenza dei veicoli Euro VI (11% nel 2018), evidenziando un lento processo di abbattimento dei livelli di emissioni inquinanti e la conclusione del processo di sostituzione dei mezzi euro 0, che residuano per circa il 2%.

Il parco autobus circolante nei centri urbani è prevalentemente ad alimentazione diesel (78% nel 2012, 71% nel 2018). L’analisi congiunturale, 2016-2017-2018, evidenzia come la percentuale dei mezzi a gasolio in esercizio sia in diminuzione; in molti casi, i mezzi rottamati sono stati sostituiti con autobus alimentati a gas naturale compresso (CNG) (18% nel 2012, 27% nel 2018). Rimangono pressoché stabili gli autobus full electric ed ibridi (entrambi circa l’1% nel 2018). Il parco autobus circolante in ambito extraurbano si conferma come quasi interamente alimentato a gasolio (99% nel 2018).

In questo contesto si collocano le novità introdotte dal “Piano Strategico nazionale della mobilità sostenibile”, attualmente in fase di approvazione definitiva, che stabilisce i criteri per il riparto e l’utilizzo dei 3,7 miliardi stanziati con la legge di bilancio 2017 nel periodo 2019-2033, ovvero la totalità delle risorse statali per i prossimi anni per il rinnovo del parco autobus. A queste si aggiungono le risorse disponibili per gli interventi sulla rete metropolitana, sulle tranvie, sul materiale rotabile delle linee ferroviarie regionali e sulle flotte che operano servizi di trasporto locale. L’ammontare complessivo è consistente: 2,5 miliardi di euro l’anno su un orizzonte temporale di circa 8 anni per le infrastrutture per il trasporto rapido di massa e fino al 2033 per tutto il materiale rotabile. Si tratta di volumi importanti in grado di attivare impatti economici e occupazionali significativi. Una tale iniezione annua di risorse potrebbe infatti produrre valore aggiunto per circa 3,8 miliardi di euro l’anno, pari allo 0,2% del PIL, contribuendo a creare circa 99 mila unità di lavoro aggiuntive, 0,4% dell’occupazione totale.

La novità principale della strategia sulla mobilità sostenibile è dunque la chiara intenzione di accelerare il processo di transizione verso una flotta ad alimentazione alternativa rispetto al gasolio. Il Piano in sostanza esclude, con poche eccezioni, gli autobus diesel dai mezzi finanziabili con contributi statali. Tale circostanza ha un impatto molto significativo sul settore e sui tassi di rinnovo attesi delle flotte bus. I mezzi ad alimentazione alternativa, infatti, hanno ancora costi di acquisto molto più elevati rispetto a quelli a gasolio (a tecnologie attuali il rapporto è di circa 1 a 2,5) e richiedono investimenti significativi per la realizzazione delle infrastrutture di ricarica, cui il Piano assegna fino ad un massimo del 50% dei Fondi disponibili, per i primi 3 anni di ciascun quinquennio.
L’insieme di tali aspetti – a parità di risorse rispetto a quanto previsto nella legge di bilancio 2017 – determina una riduzione del numero di mezzi che sarà possibile immatricolare e, conseguentemente, non consente di ridurre l’età media del parco: le simulazioni condotte evidenziano che, considerando interamente spese le risorse a disposizione e pienamente rispettati i vincoli per l’utilizzo delle risorse dettati dal Piano in tema di scelta tecnologica dei mezzi e finanziamenti specifici alle infrastrutture di supporto, nei prossimi anni verranno immatricolati circa 20.000 mezzi, che porteranno la flotta ad avere un’età media di 17,5 anni nel 2033.

Un parco veicoli vetusto rappresenta un elemento di forte criticità per il settore. Da un lato, infatti, comporta per le aziende un aggravio dei costi medi di manutenzione (i costi medi di manutenzione di un autobus nuovo sono 6 volte inferiori a quelli di un autobus di 15 anni); dall’altro, compromettendo la qualità del sevizio e il confort di viaggio, non consente di sostenere lo sviluppo della mobilità collettiva a discapito dell’utilizzo dell’auto privata con ripercussioni sul livello delle emissioni e sulla congestione urbana.

Coniugare le esigenze di riduzione delle emissioni con quelle di abbassamento dell’età media del parco mezzi italiano è dunque una delle sfide che attendono il settore. Si tratta di un obiettivo che presuppone azioni incisive a livello di sistema e investimenti significativi: sebbene le risorse messe in campo negli ultimi anni siano state confermate, si stima che affinché la flotta possa raggiungere nel 2033 l’età media di circa 7 anni (dato medio europeo) rinnovando il parco con autobus alimentati da fonti di alimentazioni alternative, siano necessari complessivamente circa 500 milioni di euro aggiuntivi l’anno.
Non solo, affinché la transizione della flotta verso l’alimentazione alternativa possa effettivamente rappresentare un definitivo cambio di paradigma, è opportuno che questa avvenga con adeguata gradualità e che sia preso in considerazione non soltanto lo sforzo delle aziende del trasporto, ma anche le necessità della filiera a monte dell’automotive ed elettrica, nonché le implicazioni di commercio estero connesse a un aumento della domanda di powertrain elettrici.
Infine, è necessario sottolineare che qualsiasi pianificazione che ambisca a migliorare la mobilità sostenibile non può prescindere dal continuare a perseguire l’obiettivo di shift modale dalla mobilità privata a quella condivisa: tra il 2016 e il 2017 la domanda di mobilità soddisfatta dall’auto privata considerando i soli spostamenti motorizzati è scesa dal 82,8% al 81,6%, una dinamica questa da intercettare e consolidare.

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