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Urban air mobility e advanced air mobility: la nuova frontiera della mobilità urbana di persone e merci
Industria

Urban air mobility e advanced air mobility: la nuova frontiera della mobilità urbana di persone e merci

Redazione T-I
20 Maggio 2021
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La Nasa classifica come “advanced air mobility and delivery” dei servizi specifici operati da aeromobili autonomi per la consegna di merci e il trasporto di passeggeri in un contesto di area urbana. Un concetto che si declina in due categorie: la “urban air mobility” per il trasporto di persone, e la “urban air delivery” per il trasporto di merci. Per avere un’idea delle dimensioni mondiali del mercato, si prevede una crescita annua media del settore del 26% tra 2023 e 2035.

La 2a Conferenza nazionale sull’Urban Air Mobility e sull’Advanced Air Mobility ha fatto il punto sullo stato di avanzamento e le prospettive di questa nuova frontiera della mobilità aerea di persone e merci offrendo grazie alla partecipazione di rappresentanti istituzionali, di aziende e ricercatori, una panoramica su tecnologia di sviluppo e manutenzione veicoli, logistica e infrastrutture, ambiti di utilizzo.

 

L’utilizzo dei droni nei servizi municipali di Torino

In particolare la Città di Torino si sta proponendo come polo di sviluppo e implementazione della sperimentazione legata alla nuova mobilità aerea autonoma in Italia, attraverso la collaborazione tra soggetti industriali, il Politecnico e il polo di accelerazione industriale Skygate presso l’Aeroporto di Torino Air Italia e l’amministrazione cittadina con l’Assessorato Innovazione e Smart City e Sistemi ICT impegnato nella sperimentazione della mobilità aerea autonoma e avanzata in una serie di utilizzi nel campo dei servizi municipali.
Il tema della Drone Unit della città di Torino – ha spiegato Gianfranco Todesco – nasce con l’idea di creare dei servizi utilizzando i droni, diversamente da quanto accadeva in precedenza. Non solo per la sicurezza e la vigilanza degli spazi pubblici – tipo di servizio abbastanza standard – ma ad esempio per una serie di aspetti legati alla sostenibilità ambientale, utilizzando ad esempio a bordo del drone un IOT dell’aria, che si integra con l’IOT di terra. Al momento l’Unità può contare su 7 piloti (a breve saranno 9) e una flotta di 13 droni, di cui 2 da indoor.

Sulla sostenibilità ambientale si stanno sperimentando in città dei servizi all’interno dei parchi cittadini, utilizzando delle camere multispettrali per eseguire la mappatura della fitopatologia e dello stress idrico delle piante.
Un altro test riguarda l’utilizzo delle camere termiche per la sostenibilità energetica e la mappatura della dispersione energetica degli stabili; a supporto di architetti e ingegneri della città, i droni vengono usati per l’analisi delle infrastrutture critiche; ancora, costruendo un accordo con l’Arpa e il Dipartimento Ambiente della città per interoperare i dati satellitari con i dati da drone all’interno dei controlli ambientali, ad esempio per quel che riguarda la presenza di amianto e lo smaltimento di rifiuti.

C’è infine un nuovo progetto ai blocchi di partenza per la città di Torino e, a livello nazionale, per cinque città: si chiama “Casa delle tecnologie emergenti” che ha visto Torino classificarsi prima in Italia in questo bando Mise, una misura che ha tra i suoi obiettivi quattro pilastri e uno di questi pilastri per le città smart, intelligenti, le città del futuro, è proprio la mobilità aerea urbana. Il taglio del nastro per il lancio del progetto è previsto per il prossimo 5 luglio, ma di fatto si sta già lavorando dietro le quinte per immaginare un network distribuito su degli hot spot dell’innovazione, punti nevralgici che producono ricerca e operano trasferimento tecnologico nel territorio a seconda di un insieme di varie competenze, con l’augurio che la mobilità aerea urbana possa essere accelerata da queste Case delle tecnologie emergenti e che possa avere ricadute per servizi e, in generale, un futuro migliori per i cittadini.

La sfida principale – ha aggiunto Tedesco – è arrivare a costruire, in accordo con il Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico, vere e proprie “aerovie urbane” in modo da aprire dei percorsi più veloci e integrati di mobilità aerea urbana.
Avere un’aerovia è fondamentale per generare un servizio, altrimenti ogni volta bisogna chiedere un’autorizzazione e fare un piano di volo. Le aerovie urbane sono la sfida del futuro per le città: come generarle, come monitorarle, in modo tale che rispettino anche i parametri dal punto di vista aeronautico, per passare dal volo a vista (pilota e drone si devono vedere) al volo automatico e poi svilupparsi ulteriormente sul volo autonomo. Per generare dei servizi dunque la tecnologia sarebbe matura: gli aspetti con cui fare i conti sono di carattere normativo, costruendo delle soluzioni tecnologiche che garantiscano la minimizzazione del rischio aeronautico.

Infine altro aspetto importante riguarda il tempo di missione. Ad oggi tutti i droni, sia quelli che trasportano IOT sia quelli che in futuro trasporteranno le persone sono ad alimentazione elettrica, quindi le missioni di volo sono molto ridotte (per i quadrirotori, gli esacotteri e i quadricotteri, nella migliore delle ipotesi siamo sui 30/35 minuti; per i droni ad ala fissa, sfruttando anche la portanza delle navi possiamo arrivare al massimo a 90 minuti). La Drone Unit della città di Torino sta lavorando con il Dipartimento di Chimica dell’Università per cominciare a ragionare sull’uso dell’idrogeno come propellente alternativo e specifico per i droni. 

Sfide tecnologiche: aumentare la portata e la distanza percorsa

Per quanto riguarda invece l’aspetto tecnologico, le sfide per la diffusione e lo sviluppo di soluzioni di advanced air mobility – ha spiegato da Davide Invernizzi, ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Aerospaziali del Politecnico di Milano – si collocano su tre livelli:

  • a livello base riguardano il progetto e lo sviluppo di droni, sistemi che siano compatibili con l’advanced air mobility e la definizione di operazioni e procedure di manutenzione per i velivoli;
  • a livello intermedio si tratta di sfide legate allo spazio aereo: riguardanti cioè progettazione, sviluppo e implementazione di infrastrutture compatibili con operazioni di advanced air mobility multiveicolo quindi garantendo efficienza e sicurezza;
  • un terzo livello è costituito dall’aspetto dell’integrazione con la comunità: far percepire alla società come utili e necessari i servizi legati alla urban air mobility.

Al momento sono 46 le aziende che offrono soluzioni di advanced air mobility con 55 aeromobili progettati per erogare questi servizi. Si stanno concludendo le operazioni di progettazione e sviluppo dei prototipi mentre sono all’inizio le fasi di vendita vera e propria. La guida autonoma per il momento è dominante mentre per quanto riguarda la tipologia di propulsione si dividono equamente tra propulsione elettrica e ibrida. La tipologia di veicoli più diffusa è quella di decollo e atterraggio verticali e volo di crociera stile ala fissa. Insieme alla classica soluzione multirotore.
Venendo più nello specifico alla urban air delivery la sperimentazione attuale è rivolta principalmente verso la consegna di singoli pacchi a clienti privati (es PrimeAir Amazon e servizio la startup Wing di Google, che ha già ottenuto autorizzazione per consegne). La nuova frontiera riguarda applicazioni outdoor con possibilità importanti per la logistica, di trasportare carichi sempre più pesanti su distanze sempre più elevate. I maggiori costruttori hanno iniziato a lavorare proprio in questo senso.

Logistica e infrastrutture: il vertiporto

Sugli aspetti logistici e infrastrutturali è intervenuto il generale dell’Aeronautica, Giovanni Savoldelli Pedrocchi, raccontando l’esperienza di Skygate come acceleratore di imprese – nato dal lavoro di Always e DigiSky – per supportare società, industrie che vengono dal mondo dell’Intelligenza Artificiale, dell’automotive, della sensoristica il cui lavoro e la cui tecnologia può entrare nella creazione e sviluppo di un drone a propulsione elettrica. Skygate si propone di realizzare un simulatore a cielo aperto sull’Aeroporto di Torino Air Italia. Con il supporto del Politecnico di Torino e di Enav si andrà a creare un modello di simulazione virtuale nell’ambito urbano che sarà replicabile anche in altri centri urbani ovviamente.

C’è l’aspetto dell’alimentazione, quindi l’esigenza di andare a elettrificare il sistema di propulsione con un sistema di ricarica batterie e allo stesso tempo individuare una struttura di stoccaggio delle batterie. È necessario inoltre accompagnare dalle sperimentazioni alla certificazione aeronautica i soggetti industriali impegnati nella messa a punto di sistemi di comando e controllo e sistemi di guida autonoma.

Naturalmente è necessario individuare/creare una struttura di supporto quale un vertiporto, che dovrà essere innovativo sotto il profilo del design; dovrà avere dei materiali di costruzione ecosostenibili ma allo stesso tempo rispondere a criteri di modularità ed essere integrato nel sistema di mobilità urbana complessivo. In questo senso sarà necessario individuare delle aree urbane aree dove poter fare atterrare i droni: aree di piccole dimensioni (point to point) o veri e propri hub con tutte le funzioni di ricovero e supporto richieste per il funzionamento ottimale dei velivoli. Potrebbero essere dislocate in aree ferroviarie, industriali, dove ci sono centri logistici o, nel caso specifico di Torino, magari lungo il Po.

L’Aeroporto di Torino Air Italia è diventato centro di accelerazione di imprese, di tecnologia con investitori privati che investono capitali per la sperimentazione con il contributo del Politecnico di Torino, Polo dell’Innovazione Torino City Lab, il gestore aeroportuale dell’Aeroporto di Torino, con aziende costruttive e con il supporto di Enav e di D-Flight, in particolare quest’ultimo impegnato nella costruzione di corridoi aerei per consentire il volo in sicurezza point to point a Torino e verso il resto d’Italia. L’auspicio – ha concluso il gen. Pedrocchi – è che entro il 2026, in occasione delle Olimpiadi di Milano Cortina si possa vedere questa tipologia di trasporto urbano nazionale operativa magari su collegamenti da Milano Malpensa verso il Villaggio Olimpico.

Il punto di vista di Leonardo

Alessandro Errico,  vice president Business Scenario – Unmanned Systems di Leonardo, ha portato nella discussione il punto di vista del principale player italiano del settore.
Ha spiegato come la ricerca su questa nuova modalità di trasporti e mobilità sia nata dall’esigenza di rendere possibile una forma di trasporto aereo in grado di competere con le attuali soluzioni in termini di tempi di percorrenza, capillarità della rete (le compagnie aeree utilizzano velivoli ad alta capienza per distribuire i costi e operano in aeroporti lontani dai centri città per distribuire il traffico).

Si tratta di mezzi che devono essere in grado di fornire servizi affini a quelli disponibili attualmente per via aerea, ma anche di nuovi servizi, grazie ad agilità e scalabilità di impiego. Devono essere in grado di decollare e atterrare verticalmente, essere silenziosi, costare poco ed essere in grado di navigare in sicurezza nei centri urbani. Perché queste caratteristiche fossero rispettate abbiamo dovuto aspettare nell’ultimo decennio il maturare di alcune tecnologie ha permesso di sviluppare mezzi ibridi o elettrici con propulsione distribuita, che hanno quindi introdotto una flessibilità nella configurazione del veicolo e un design adeguato alle nuove modalità di esecuzione del volo contenendo i costi operativi e le emissioni.

Le potenzialità di mercato sno tali da attrarre società con background completamente diversi: ci sono le start up, che stanno maturando ora l’esperienza e raccogliendo i finanziamenti in grado di raggiungere l’obiettivo; aziende come Leonardo stessa, Airbus, che vedono nel settore un’evoluzione sostanzialmente fisiologica del loro business; società automotive che vedono una possibilità di acquisire nuove fette di mercato puntano su un nuovo utilizzo di una tecnologia già in loro possesso.

Il punto è che però si tratta di un business totalmente nuovo in cui vanno scritte da zero le regole del gioco, vanno ridefiniti i servizi, compresi quelli di manutenzione e il disegno e l’utilizzo dello spazio aereo, la gestione del traffico. Quindi un nuovo sistema che deve muoversi all’unisono per implementare diversi aspetti in tempi non geologici.

Negli Usa la Nasa ha preso in mano la situazione, su delega della Federal Aviation Administration, per colmare dei gap rispetto allo scenario prospettato ha proprio ragionato in termini sistemici ponendosi come soggetto di riferimento tra diversi portatori di interessi su diversi argomenti, quali regolamentazione, tecnologia, design, gestione dello spazio aereo, licenze e servizi. Definendo di fatto un enorme ecosistema in grado di identificare il dafarsi e progettare una serie di azioni da mettere in piedi per abilitare sostanzialmente questi servizi. Anche in altri Paesi come Canada o Regno Unito si è giunti a un diverso livello di maturità per quanto riguarda sviluppo e regolamentazione del settore.

In Italia ci sono due punti di vista: il primo, guarda a come questi nuovi servizi potrebbero migliorare lo stato di trasporti e connessioni in un Paese orograficamente molto complesso e variegato; il secondo aspetto riguarda i margini per la messa a frutto di competenze storiche del bagaglio insutriale nazionale (aeronautiche e automobilistiche in primis) che potrebbero essere esportate con successo anche in Europa e nel mondo.

 

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