Guerra Israele-Iran: armatori preoccupati per la chiusura dello Stretto di Hormuz
La chiusura del canale avrebbe conseguenze devastanti sullo shipping internazionale
Gli armatori italiani sono preoccupati per l’annunciata chiusura da parte dell’Iran dello Stretto di Hormuz, canale che collega il golfo di Persico e quello dell’Oman e che da sempre è strategico per l’economia di Medio e dell’Estremo Oriente.
La chiusura dello stretto inciderebbe in maniera dirompente sull’economia mondiale ed anche sui traffici dello shipping italiano, segnando un’escalation del conflitto e con conseguenze imprevedibili.
Stefano Messina, presidente di Assarmatori, l’associazione degli armatori italiani aderente a Conftrasporto-Confcommercio, è chiaro sui rischi che lo shipping correrebbe se l’Iran dovesse decidere la chiusura dello stretto attraverso cui transita il 20% del commercio mondiale di petrolio via mare e il 30% di quello di Gnl.
Chiusura Stretto di Hormuz: una nuova ondata di rincari
“Per quanto riguarda l’Europa e quindi l’Italia – ha dichiarato Messina all’ANSA – il problema maggiore sarebbe probabilmente una nuova ondata di rincari record per i prodotti energetici che si ripercuoterebbe anche sui beni di consumo. Ma attenzione – aggiunge -, perché a subire contraccolpi sarebbe anche l’export italiano nei Paesi del Golfo, dove la crescita è stata considerevole, e l’import di materie prime e semilavorate: un interscambio che si attesta a 32,6 miliardi, equamente suddivisi. Quello che è certo è che dopo i noti problemi nello stretto di Bab el-Mandeb e quindi nel Canale di Suez per gli attacchi degli Houthi – conclude il presidente di Assarmatori -, l’industria del trasporto marittimo si troverebbe a dover fronteggiare una nuova emergenza che potrebbe rimettere in discussione tutti gli equilibri geopolitici del pianeta”.
Ad esprimere preoccupazione è anche il commissario straordinario dell’Adsp Mare Adriatico Orientale ,Antonio Gurrieri, il quale ha fatto sapere: “Siamo particolarmente attenti a tutte le dinamiche che si stanno svolgendo, per avere più di una soluzione. Siamo stati resilienti anche quando era chiuso Suez ma dobbiamo essere attenti per creare gli antidoti necessari”.
Alessandro De Pol, direttore generale dell’Agenzia Marittima Triestina ricorda quel che successe quando venne chiuso Suez e sottolinea che “se l’influenza sul porto di Trieste da un eventuale blocco di Hormuz nel breve-medio periodo sarebbe risibile, nel lungo periodo si andranno a cercare altri fornitori e questo porterebbe a un aumento del prezzo del petrolio, visto che quello è l’unico passaggio marittimo verso il Golfo Persico”.
Il traffico container per lo Stretto di Hormuz
Hormuz è anche sulla rotta per il traffico container, collegando i porti strategici degli Emirati Arabi con oltre 26 milioni di Teu movimentati, come scrive il sito “il NordEst” che parla anche di un aumento del 60% delle tariffe assicurative per le navi che transitano dallo stretto e della rotta del gas naturale mondiale.
Ripercussioni sul costo del greggio e sull’inflazione
Luca Sisto, direttore generale di Confitarma, la confederazione italiana armatori, aderente a Confindustria, sottolinea che si tratta di “un momento sicuramente molto delicato” e che la paventata chiusura dello stretto di Hormuz “impatterebbe sulla libera navigazione e la circolazione delle merci oltre che sulla sicurezza degli equipaggi. La chiusura dello Stretto di Hormuz avrebbe inevitabili ripercussioni sul costo del greggio e alimenterebbe ulteriormente la dinamica inflattiva globale. A ciò si aggiunge – completa il direttore di Confitarma – la crescente apprensione per la sicurezza dei nostri equipaggi in caso di un’eventuale recrudescenza della minaccia Houthi”
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