Divieto settoriale in Austria: Anita chiede la sospensione all’UE
L’associazione Anita chiede all’UE di sospendere il divieto settoriale austriaco per l’autotrasporto, nato con la volontà di trasferire i flussi di traffico dalla strada alla ferrovia per migliorare la qualità dell’aria nella valle dell’Inn. Nonostante il parere contrario della Commissione, l’Austria ha deciso di procedere con l’introduzione della limitazione apportando alcune modifiche che accolgono solo in parte i rilievi suggeriti dalla Commissione.
Anche la Camera di commercio di Bolzano, Unioncamere Veneto ed Emilia Romagna nel settembre scorso hanno inviato un esposto in UE per chiedere l’abrogazione del divieto austriaco o comunque la sua disapplicazione.
Anita ha spiegato che il divieto risulta sproporzionato rispetto agli obiettivi di riduzione dell’inquinamento e sostanzialmente uguale ai due precedenti provvedimenti già bocciati dalla Corte di Giustizia UE, negli scorsi anni. “È oltremodo preoccupante che un Paese europeo insista con l’introduzione di un divieto settoriale che viola i principi di libera circolazione delle merci, oltretutto a seguito di ripetute bocciature da parte della Corte di Giustizia UE, e cerchi di creare dei vantaggi competitivi alle imprese locali esonerandole dal divieto settoriale”, ha dichiarato il presidente di Anita, Thomas Baumgartner.
“La Commissione UE Dg mercato interno, ritenendo insufficienti le modifiche apportate dall’Austria al provvedimento, sta predisponendo il ‘parere motivato’ che rappresenta l’ultimo passaggio prima del deferimento alla Corte di Giustizia – aggiunge Baumgartner – e sollecitiamo che in caso di deferimento venga richiesta la sospensiva del divieto, che entrerà in vigore il 1° novembre prossimo. Anita – ha concluso il presidente Baumgartner – è molto determinata nel contrastare il divieto settoriale poiché non si può tollerare un’imposizione che ostacola le esportazioni italiane di determinate merci e mette così a rischio l’attività di interi settori produttivi, provocando danni economici non recuperabili e che finirebbe per imporre una modalità di trasporto invece di lasciare agli operatori la scelta di quella per loro più consona”.